1 «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3 Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
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Commento Famiglie della Visitazione.
La vigna, come sapete, era una delle immagini del popolo di Dio: quei grappoli meravigliosi, che ne costituiscono il frutto pregiato, alludevano alla fecondità di quel popolo, che Dio desiderava e attendeva. Ora Gesù dice che “la vite vera” è lui e attribuisce al Padre il ruolo dell’agricoltore. Noi, i discepoli di Gesù, siamo rappresentati dai tralci il cui compito naturale è quello di fruttificare. Gesù va subito al sodo: “Ogni tralcio che in me non porta frutto, (il Padre) lo taglia”(v.2)! Cosa può voler dire non portare frutto? In base a quanto abbiamo visto nel cap. 14, significa non accogliere la parola annunciata da Gesù, non praticare il suo”comandamento”, e cioè un amore degli altri che si fa servizio. Se qualcuno della comunità è così, non può farne parte, di fatto non ne fa parte: il tralcio secca e viene bruciato (v.6). Invece, “ogni tralcio che porta frutto, (il Padre) lo pota”: notate che, sebbene sia invalso l’uso del verbo potare, in realtà il testo greco dice “lo purifica”. Dio non è come un “potatore pazzo” che sforbicia in qua e in là provocando sofferenza e lutti, ma interviene per renderci puri, capaci di produrre frutti succosi e buoni. “E’ finita – dice A. Maggi – l’epoca degli esami di coscienza”: se ci concentriamo su noi stessi, alla ricerca della “perfezione spirituale”, e cerchiamo di eliminare difetti, errori, insufficienze…, rischiamo solo di fare danni! Ciò che non va in noi, ci pensa il Padre a purificarlo, purché siamo impegnati a somigliargli nell’amore e nel servizio. “Rimanete in me e io in voi”, dice Gesù: questa è la via da seguire, quel rimanere saldi in lui, ancorati ai doni di salvezza ricevuti. E aggiunge Gesù, aprendoci gli occhi: “Senza di me non potete fare nulla!”. Le imprese umane, piccole e grandi, sono necessarie, insostituibili, ma solo con un amore simile al suo, col dono disinteressato della vita contribuiremo alla costruzione di una nuova umanità, giusta e fraterna, la comunità di tutti gli uomini figli di Dio. Se rimaniamo in Gesù – dice il v.7 – possiamo chiedere e ottenere dal Padre il dono per eccellenza, il suo Spirito. Così sarà glorificato Dio (v.8): si manifesterà il suo amore per gli uomini, diletti e salvati, e resi incredibilmente partecipi della condizione divina.