7 Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l`agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d`autunno e le piogge di primavera. 8 Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. 9 Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. 10 Prendete, o fratelli, a modello di sopportazione e di pazienza i profeti che parlano nel nome del Signore. 11 Ecco, noi chiamiamo beati quelli che hanno sopportato con pazienza. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione.
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Il termine più frequente nel nostro brano è la pazienza e l’esempio di pazienza che riceviamo sia dall’immagine dell’agricoltore che “aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra..”(ver.7), sia dalla “pazienza di Giobbe”(ver.11). Questa pazienza è illuminata dalla fede, e celebra la speranza dell’evento finale positivo e luminoso: la venuta del Signore (ver.8), ormai vicina. Su tale vicinanza troviamo spesso delle disquisizioni che sembrano più riflettere dubbi e critiche sorgenti fuori dalla fede, che interne all’orizzonte interiore del credente in cui l’attesa del Signore si colloca. Non penso infatti che bisogna fare una considerazione solo “quantitativa”(quando di fatto avverrà tale venuta), ma soprattutto una considerazione qualitativa, considerando cioè la “qualità” che il tempo presenta a motivo dell’evento finale verso il quale è totalmente orientato. Provo a spiegarmi: importa meno che tale scadenza sia domani o fra mille anni, quanto conta piuttosto il contenuto e la qualità che tale attesa dà ad ogni evento.
Tale prossima venuta del Signore esige alcune conseguenze: la forza interiore di tale attesa (“rinfrancate i vostri cuori” dice al ver.8); e “non lamentatevi gli uni degli altri” dice al ver.9, e ne dà una motivazione interessante: in attesa del giudizio finale del Signore è necessario astenersi dal giudicare, “per non essere giudicati”, anche perchè addirittura “il giudice è alle porte”!(ver.9).
Di tale capacità di sopportazione sono grande esempio i profeti. L’esempio mi pare splendido perchè porta a considerare la sopportazione non solamente come una penosa resistenza, ma anche come la forza di una testimonianza data in clima di grande contrarietà. E tra tutti viene appunto citato Giobbe (è l’unica citazione di lui in tutto il Nuovo Testamento), esempio evidente di una pazienza non inerme, ma piena di dinamiche interiori anche nei confronti di Dio intorno al grande mistero del male.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Dal card. Lercaro:
“…quoniam adventus Domini appropinquavit” (v.8). Eh, sì, qualunque sia l’ora – e solo il Padre lo sa, – in cui Gesù ritornerà, Giudice supremo, a chiudere la storia del mondo, prossima sempre è la sua venuta per ognuno di noi; non ci ha detto San Giacomo che la nostra vita è come nuvoletta leggera che appare appena nel cielo e tosto scompare? Il pensiero dunque delle ricchezze eterne conforti il cristiano a portare con pazienza le inevitabili miserie della vita presente.
E a non insorgere ingiustamente invidioso contro i fratelli che gli appariscono più fortunati. Non già ch’egli non possa lecitamente richiedere il suo, o non abbia ad adoprarsi per migliorare la propria condizione; ma a che gli gioverebbe l’odio insensato contro il ricco o la livida invidia e la mormorazione, se non ad avvelenargli il cuore? “Non borbottate gli uni contro gli altri” (v.9). Poiché a voler evitare il giudizio severo di Dio, non c’è che da astenersi dal giudizio ingiusto contro il prossimo: non giudicate e non sarete giudicati. Il Giudice divino non è lungi, come non è lungi il Rimuneratore misericordioso: Egli sta già alle porte…
Conformemente al termine usato, la pazienza di cui si parla oggi è anche l’avere un animo largo e la capacità di guardare lontano. Innanzitutto è Dio che ha una pazienza così, come dai due passi evangelici dove si ritrova questa parola e 2Pt 3:9. In questo senso si può leggere il legame con il passo precedente, segnalato dal “dunque” che apre il testo di oggi: davanti alla “normalità” dell’evidenza della storia dell’uomo in cui il giusto è oppresso e soppresso, c’è l’invito ad una capacità di guardare lontano, secondo una speranza e un modo di vita diverso da quello dei “ricchi” del passo precedente e degli “empi” di Sapienza 2. Qusta pazienza/longanimità/guardare lontano, è l’attitudine del Padre della parabola rispetto al Figlio che se ne era andato: lo attende, lo vede e gli corre incontro mentre è ancora lontano, lo abbraccia… Molti passi dell’AT segnalano questa pazienza di Dio, fin da quando rovela il suo nome…lento all’ira… Il testo di oggi unisce due aspetti del tempo che possono sembrare contrastanti: da una parte c’è l’invito alla pazienza, senza pensare nè volere una chiusura del tempo prematura, dall’altra il fatto che la venuta del Signore è vicina e il giudice è alle porte. Questi due aspetti possono essere congiunti solo dall’amore. Di Dio si dice che mille anni sono come un giorno e un giorno come mille anni. Giacobbe, per amore di Rachele accetta con pazienza molti anni di servizio a Labano, che però, per l’amore per Rachele gli sembrarono pochi giorni. La sapienza del tempo che oggi ci viene insegnata, è quindi una cosa sola con la sapienza dell’amore. Il Signore ci dà di potere apprendere dalle cose della vita (L’agricoltore…) e dalla Scrittura (i profeti – Giobbe). Questa istruzione porta comunque sempre alla scoperta fondamentale che il Signore è ricco di misericordia e di compassione.
Sono due i termini del testo greco tradotti con “pazienza”: la grandezza d’animo e lo stare sotto. Avere l’animo grande, la larghezza di vedute di Dio, saper guardare lontano, aspettare i tempi lunghi della crescita del frutto della terra, proprio perché “la venuta del Signore è vicina”. Stare sotto le persone e le situazioni, come Gesù sotto la croce, senza lasciarsi schiacciare. “Non lamentarsi gli uni degli altri” e “parlare nel nome del Signore” sono i due aspetti concreti con cui si manifesta la “pazienza”, nella relazione buona con Dio e con il prossimo.