9 Il fratello di umili condizioni si rallegri della sua elevazione 10 e il ricco della sua umiliazione, perché passerà come fiore d’erba. 11 Si leva il sole col suo ardore e fa seccare l’erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce. Così anche il ricco appassirà nelle sue imprese.
Seleziona Pagina
Le parole che oggi il Signore ci regala sono molto importanti non solo in se stesse, ma anche perché chiariscono un passaggio fondamentale dell’inno del “Magnificat” di Luca 1, che la traduzione italiana rischia di impoverire. In quel testo infatti noi leggiamo che il Signore ha guardato “all’umiltà della sua serva”. Ma il termine usato da Luca è proprio quello che troviamo qui in Giacomo al ver. 10. Qui dice essere “umiliazione” quella che nel Magnificat è “umiltà”. Ma la Madonna è proprio quello che voleva dire, e cioè che Dio ha guardato alla condizione umiliata, misera, povera, della sua serva. In latino, infatti, “humilitas” proprio questo vuol dire e cioè la condizione misera, mentre “umiltà” è una virtù, una condizione di piccolezza già riscattata e accettata. Maria di Nazaret, dunque, è tra queste persone “di umili condizioni” di cui ci parla Giacomo oggi, povera tra i poveri. Maria canta che Dio ha guardato alla povertà, e, come spesso è il significato di questa parola anche nelle Scritture dell’Antico Testamento, alla “miseria” della sua serva. Addirittura, molto spesso, questa condizione misera è causata addirittura dall’infedeltà del popolo. Quindi ci troviamo davanti ad una povertà come tale, qualunque sia la sua causa e la sua origine.
Dunque, il povero è chiamato a rallegrarsi dell’elevazione che il dono di Dio ha messo nella sua persona e nella sua vita. Non una povertà diventata ricchezza, ma una povertà consolata, eletta e collocata nella predilezione dell’amore di Dio. Il povero si rallegra non perché non è più povero (che allora sarebbe tra i ricchi!), ma perché la sua povertà è stata soccorsa e amata e protetta dal Signore, e in questo senso è un vero innalzamento. Si tratta di una “ricchezza” tutta regalo, tutta ricevuta.
Il ricco deve rallegrarsi per come il dono di Dio, il dono della fede, lo ha “umiliato”, che vuol dire “fatto piccolo”, “rivelato piccolo”. La grazia della fede è intimamente connessa con la scoperta della nostra povertà, e quindi con il nostro bisogno di essere salvati! Ed è anche l’esperienza di come tutte le nostre presunte “ricchezze” siano passeggere e inevitabilmente ingannatrici. La regola implacabile del tempo e l’inevitabile ritmo vita-morte è la severa sentinella contro tutte le illusioni, anche molto seduttive, della vita terrena. Il ricco sembra sia portato alla scoperta della “ricchezza” della sua povertà!
Questo mi induce a pensare che ognuno di noi, forse, è sia ricco che povero. È ricco per tutto quello che crede di avere, di capire, di possedere, di disporre: tutto è verso la morte. Ed è povero per tutto quello che scopre di non essere e di non avere, e di poter ora ricevere dalla bontà di Dio.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La parola iniziale “fratello” dice che tutto quanto ci viene detto oggi è interno alla comunità cristiana. E’ ugualmente presente la gioia del povero che viene innalzato, sia quella del ricco che viene spogliato del vanto della ricchezza che non conta niente.
Possiamo ricordare anche le parole di S. Francesco (di cui oggi facciamo festosa memoria, in comunione con tutti i parrocchiani di Sammartini, e con il loro carissimo parroco e nostro fratello Francesco: Auguri!) sulla “perfetta letizia”: che se anche si fosse talmente umiliati, da non venire accolti neanche dai propri fratelli, nella comunione con il Signore, si è sempre certi di essere accolti dal Padre.
Questi vv. ricordano il Magnificat, quando Maria gioisce e magnifica il Signore perché ha guardato alla sua umiltà e ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ieri la lettera ci ha molto esortato a chiedere la sapienza a Dio, per potere guardare a ciò che avviene in profondità nella nostra vita, quale è la verità davanti a Dio e come è realizzata la sua parola in noi. Tutti possono vantarsi perché c’è stato un cambiamento del cuore; perché la grazia di Dio (secondo le parole del Magnificat) ha visitato la vita di ciascuno e, se povero lo ha innalzato; se ricco – per grazia – lo ha rimandato vuoto per confidare – anche lui – solo in Dio. Come quando il sole – come sposo che esce dalla stanza nuziale – tutti illumina, e nessuno si sottrae la suo calore (Salmo 18).
Il ricco si vanti perché è stato abbassato, oppure perché “viene fatto povero e umile”. Perciò tutti sono chiamati a partecipare al mistero pasquale, e alla rivoluzione che questo mistero comporta e porta, e a gustare la gioia che ne deriva. Tutti sono chiamati a gioire e a vantarsi, perché tutti sono chiamati a vivere una vita nuova.
Due passi dell’ A.T. ci sembrano molto vicini ai vv. di oggi. Sof 3:12 “Farò restare in mezzo a te un popolo umile e povero; confiderà nel nome del Signore il resto di Israele”. Alla fine non ci saranno persone di condizione diversa, ma solo poveri e umili. Isa 11:6-9 : non ci saranno più persone violente, come gli orsi e i lupi, anzi “il leone mangerà erba come il bue”: il leone imparerà dalla mucca cosa mangiare. Questo è vero anche per noi, nella realtà sociologica in cui ci troviamo a vivere. Tutti sono chiamati ad essere discepoli del Povero e dell’ Umile Gesù, e i ricchi sono chiamati a diventare pure loro poveri e umili, perciò discepoli anche di quanti vivono nella povertà e umiltà. Questa è una parola nuova!
…sono come l’erba che germoglia al mattino:
al mattino fiorisce, germoglia,
alla sera è falciata e dissecca.
Salmo 89