Le letture di domenica prossima 22 Gennaio 2012,
III domenica del Tempo ordinario, sono:
Gn 3,1-5.10 Sal 24 1Cor 7,29-31 Mc 1,14-20
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Marco 1,14-20
14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
16Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
19Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

1) Dopo che Giovanni fu arrestato (lett: consegnato): anche Gesù sarà consegnato (il verbo è lo stesso) nella sua passione, sarà una consegna a tutte le genti per la loro salvezza. Da una parte il Battista anticipa la vicenda di Gesù, dall’altra il suo arresto e il suo martirio sono il seme dell’antica alleanza che muore e genera il frutto della nuova allenza basata sul Vangelo.
2) Gesù andò nella Galilea: non è una indicazione solo geografica, la Galilea è il simbolo del vangelo, zona di confine, lontana dal centro del giudaismo, a segnare la novità assoluta di quello che sta per cominciare. Lì i discepoli dovranno tornare dopo l’Ascensione per l’inizio dell’annuncio alle genti.
3) Proclamando il vangelo di Dio: si sottolinea che il vangelo (lett: buona notizia) è dono che viene da Dio, è un messaggio da parte di Dio destinato a tutti gli uomini; adesso iniziano a realizzarsi le sue promesse.
4) Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: il tempo sta per “momento giusto, termine prestabilito”; il tempo è compiuto nel senso che le promesse di Dio si attuano adesso e avranno validità per sempre. Ma non si deve intendere che è il regno di Dio è già stabilito sulla terra, si dice che è vicino. Il termine regno sta ad indicare non tanto uno spazio geografico statico, delimitato da confini, ma l’attività dinamica del regnare di Dio: lui ha deciso in quel momento di donare agli uomini la salvezza in un modo nuovo, mai visto prima di allora.
5) Convertitevi e credete nel Vangelo: il regno di Dio si è fatto così vicino che la vita dei discepoli non può continuare come prima. I verbi sono all’imperativo: è un appello perentorio e urgente al cuore del credente.
6) Vide Simone e Andrea: Gesù passa e indirizza il suo sguardo di elezione sui primi discepoli, una elezione che è pura grazia, che non fa scrutini sulla vita passata.
7) Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini: essere discepoli non è aderire ad una dottrina, ma prima di tutto camminare dietro di lui. Gesù chiama l’uomo così com’è, ad es. col mestiere che fa, e lo proietta in una storia nuova.
8) E subito lasciarono le reti e lo seguirono: quel subito sottolinea la potenza della parola del Maestro.
9) Vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti: la situazione è certamente simile a quella di Simone e Andrea, ma non la stessa. Il termine anch’essi non c’è nel testo. Anzi la presenza dei salariati (i garzoni) e la sottolineatura della presenza della barca dà l’idea di una situazione lavorativa più solida.
10) Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui: rispetto a prima c’è l’abbandono del padre e, in qualche modo, dell’«azienda» paterna, ma, come nel caso precedente, niente autorizza a pensare ad un atto eroico o a una tremenda rinuncia, quanto piuttosto al fascino, alla seduzione di quella chiamata.

Giona 3,1-5.10
1Fu rivolta a Giona questa parola del Signore: 2«Alzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». 3Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore.
Nìnive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. 4Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta».
5I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli.
10Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

1) Fu rivolta a Giona questa parola del Signore: il nostro lezionario omette la frase: “per la seconda volta”, presente invece nel testo ebraico. Quando per la prima volta Dio aveva detto a Giona di recarsi a Ninive (Gn 1,1-2), il profeta era fuggito nella direzione opposta (Gn 1,3), poiché temeva che la grande città pagana, nemica d’Israele, si convertisse alla sua predicazione, sì da ricevere il perdono di Dio (Gn 4,2). Questo secondo comando è un ulteriore atto di misericordia che Dio fa a Giona, dopo averlo sottratto al pesce che l’aveva inghiottito (Gn 2,1). La conversione a Dio di Giona si compie infatti quando gli viene rivolto per la seconda volta il comando di Dio, ma questa volta il profeta obbedisce. La parola di Dio non viene arrestata dall’opposizione dell’uomo, perché Egli persevera nell’inviarla fino a che non abbia raggiunto lo scopo per cui era stata mandata.
2) Alzati, va a Ninive la grande città e annuncia quanto ti dico. Giona si alzò ed andò a Ninive: ricorre qui la stessa espressione usata a proposito di Abramo, quando si alza per ubbidire al comando di Dio di sacrificare il figlio Isacco. Dio non rimprovera Giona per la sua trasgressione, ma lo fa risorgere (alzati!) dalla sua disubbidienza. Come aveva precedentemente fatto con Abramo (Gn 12,1), Dio invia Giona, senza rivelargli appieno quello che dovrà fare o dire: il profeta deve fidarsi di Dio ed attendere da Lui ulteriori indicazioni.
3) Ninive era una città molto grande (l’ebraico aggiunge: per Dio), di tre giornate di cammino: l’espressione: “molto grande per Dio” può significare semplicemente che Ninive era una città grandissima, oppure può suggerire che Dio nella sua misericordia si prende cura di questa grande ed empia città. Giona, che rimane tre giorni nel ventre del pesce e sempre in tre giorni percorre la città, è figura del Signore Gesù, morto e risorto il terzo giorno (Mt 12,40).
4) Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava (lett.: gridò): ”ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta (lett.: rovesciata)”: si può intendere il testo nel senso che Giona cammina per un giorno senza sapere cosa deve dire, perché Dio non lo ha ancora rivelato. Quaranta giorni è il tempo della conversione: Mosè rimane quaranta giorni sul Sinai (Es 34,28), Elia digiuna quaranta giorni (1Re 17,1).Nella sua predicazione agli abitanti di Ninive, Giona non dice loro di convertirsi a Dio, come ci si sarebbe potuto anche aspettare: egli grida semplicemente che il tempo concesso alla città volge alla fine. È a questo annuncio che i Niniviti devono credere, abbandonando l’ingiustizia che domina la loro città. Infatti il disastro incombente è la conseguenza della loro empietà. Dio concede ai Niniviti il tempo per la loro conversione (quaranta giorni) in quanto non desidera che la profezia si realizzi. In un senso più profondo la profezia di Giona si realizzerà proprio attraverso la conversione della città, perché in questo modo la primitiva Ninive empia sarà rovesciata, per dare luogo ad una città rinnovata.
5) I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno: si può osservare che il profeta nella sua predicazione non parla loro esplicitamente di Dio, ma è a Dio che gli abitanti di Ninive si convertono ascoltando il profeta. È la Parola che genera quanto qui avviene: il giudizio, il perdono, il pentimento. È notevole la rapidità della conversione di questi pagani, confrontata alla resistenza opposta a Dio da Giona.
6) Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia e Dio si ravvide del male che aveva minacciato di fare loro: non si dice che Dio vede i segni esterni della loro conversione come il digiuno, ma che vede le loro azioni. Sono le azioni a manifestare il mutamento del cuore. In realtà il desiderio di Dio di ravvedersi precede il ravvedimento dei Niniviti.

1Corinzi 7,29-31
29Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; 30quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; 31quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!

1) Il tempo si è fatto breve: i versetti della lettera sono un invito di Paolo a rivestirsi del Signore Gesù e a non farsi prendere dai desideri della carne: la notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie (Rm 13,12ss).
2) Quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero: Paolo vuole vedere i suoi discepoli senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come piacere al Signore. Il comando di Paolo è quindi per una vita senza relazione e responsabilità? L’uomo che lascia il padre e la madre per unirsi a sua moglie facendo di due una sola carne, nella prospettiva di dare una discendenza su questa terra, nel tempo imminente del ritorno del Signore più che una rinuncia sembra essere un allargamento e un amore senza risparmio per il mondo intero: più numerosi sono i figli dell’abbandonata che i figli della maritata, dice il Signore. Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti, poiché ti allargherai a destra e a sinistra e la tua discendenza possederà le nazioni, popolerà le città un tempo deserte … poiché tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo di Israele, è chiamato Dio di tutta la terra (Is 54,1ss).
3) Quelli che piangono come se non piangessero: perché Dio asciuga le lacrime dai loro occhi: beati voi che ora piangete perché riderete (Lc 6,21).
4) Quelli che gioiscono come, come se non gioissero: perché la carità non gode dell’ingiustizia, ma si rallegra della verità (1Cor 13,6).
5) Quelli che comprano come se non possedessero: perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno (Mt 6,8).
6) Quelli che usano i beni del mondo come se non li usassero pienamente: perché la carità non cerca il proprio interesse (1Cor 13,5).
7) passa la scena di questo mondo: infatti le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà; la scienza svanirà: la carità non avrà mai fine (1Cor 13,8).

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

La sapienza ebraico-cristiana custodisce gelosamente il legame profondo tra continuità e novità. Da una parte non c’è verità che non sia fedeltà, dall’altra non c’è fedeltà che non accetti l’irrompere del nuovo nella storia delle persone e delle comunità. Quel Gesù che domenica scorsa veniva riconosciuto e annunciato dal Battista come l’“Agnello di Dio”, e quindi legato strettamente alla tradizione fondativa di Israele, ora proclama che “il tempo è compiuto”, e che si apre una storia radicalmente nuova che quello stesso lungo tempo ha preparata. E questo non è un evento puntuale e isolato, ma è il volto vero e profondo della storia stessa. La fedeltà è condizione della novità. Siamo all’opposto della tesi “gattopardesca” per la quale bisogna che tutto cambi affinché nulla cambi. Qui tutto è nuovo perché è innestato in una fedeltà eternamente creatrice. La storia non può che essere quindi “notizia”. Buona Notizia. Vangelo.
Come tale non può che essere, la storia stessa, continuamente ricevuta. Dono! Non siamo noi a scegliere questa storia, ma da essa siamo scelti: “Vide Simone, e Andrea, fratello di Simone… e disse loro: Venite dietro a me… Vide Giacomo.. e Giovanni suo fratello… e subito li chiamò”. Erano pescatori, e diventeranno “pescatori di uomini”. Per capire quello che accade loro si può pensare all’indicazione di Paolo ai suoi fratelli di Corinto: “…il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero…”: un’affermazione straordinaria, imbarazzante. Ma vuole affermare quello che anche i “pescatori di uomini” devono vivere nella loro nuova esistenza di discepoli di Gesù. E cioè che tutto ormai è e deve essere “celebrazione” di Lui, della sua presenza e della sua opera: una storia antica che diventa del tutto nuova. Qualunque sia il volto della nostra vita, esso deve contenere, custodire e comunicare lo splendore e la novità del Figlio di Dio. L’autista dell’autobus continuerà a guidare il suo mezzo secondo le regole tecniche apprese e secondo le leggi fisiche che lo governano, ma totalmente nuovo è l’evento: sull’autobus salgono persone che sono tutte suoi fratelli e sue sorelle. Alcuni suoi fratelli dovranno essere accolti con particolare attenzione a motivo della loro piccolezza, o fragilità, o povertà… Così vivranno in modo nuovo anche i pescatori. Così gli sposi. Così si vivranno le gioie e le prove della vita. E l’avvenimento di Gesù, compiendo la grande strada nel tempo e nella vicenda del Popolo della Prima Alleanza, ora è offerto e portato a tutta l’umanità.
Non è una “cultura”. È un evento capace di entrare in ogni cultura, di modificarla e di sposarla, di renderla capace di contenere e di esprimere la storia nuova che Gesù porta e dona. La resistenza e la fatica di Giona, simpatico e stralunato profeta, esprimono efficacemente tutte le resistenze che dentro e fuori dalla comunità credente Gesù incontra. Anzi, sembra che oggi ci venga detto che proprio all’interno della realtà più “qualificata” sorgono le maggiori difficoltà ad accettare il perennemente “nuovo” di Gesù. Come suggeriscono sia la chiamata dei discepoli, sia le linee date da Paolo, sia l’avventura di Giona, tutto sembra annunciare una novità di tale spessore da dover essere ritenuta come una “risurrezione da morte”. Un vita assolutamente nuova.