Le letture di domenica 13 Marzo 2011, I di Quaresima (Anno A), sono:
Genesi 2,7-8; 3,1-7
Romani 5,12-19
Matteo 4,1-11

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Matteo 4,1-11

1In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto:

Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».

5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:

Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
ed essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra».

7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:

Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».

8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:

Il Signore, Dio tuo, adorerai:
a lui solo renderai culto».

11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

1) Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto: nel battesimo di Gesù (cfr. vv immediatamente precedenti) si aprono i cieli e lo Spirito scende su Gesù. In obbedienza allo Spirito, Gesù nel deserto è immerso dentro la stessa lotta con le potenze del male che ogni uomo è costretto ogni giorno ad affrontare: lui è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato (Ebr 4,15).

2) Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti: il deserto, i quaranta giorni e le citazioni del Deuteronomio sono un riferimento molto chiaro ai quaranta anni di Israele nel deserto. Come è successo ad Israele, come è tipico della condizione umana, Gesù sperimenta la debolezza: alla fine ebbe fame.

3) Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane: trovarsi affamati nel deserto non sarebbe di per sé una situazione negativa se ci si fida di Dio, Gesù è stato condotto lì dallo Spirito. La tentazione è la situazione pericolosa, per cui, proprio mentre l’uomo potrebbe sperimentare la bontà di Dio, si insinua il nemico, mette in dubbio che Dio Padre possa intervenire: l’uomo è da solo con la sua fame, si deve arrangiare. Il demonio suggerisce che Gesù faccia un miracolo.

4) Ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio: Gesù cita Dt 8,3, è l’esperienza di Israele che nel deserto ha pensato che Dio non potesse provvedere il cibo. Gesù insegna che non si deve permettere al demonio di strappare la parola di Dio seminata nel cuore dell’uomo. È quella parola che tiene vivo l’uomo nel rapporto di fiducia con il Padre.

5) Allora il diavolo… lo pose sul punto più alto del tempio: il demonio invita Gesù ad uscire dalla condizione in cui Dio lo ha messo, troppo in basso. Chi ascolterà un predicatore figlio di un falegname di Nazareth? Il demonio suggerisce una evasione clamorosa dalla realtà, questo planare dal pinnacolo, magari sulla spianata piena di gente, una manifestazione più appropriata per il Messia.

6) Non metterai alla prova il Signore Dio tuo: Gesù cita il passo (Dt 6,16) in cui si ricorda l’episodio di Meriba. Israele protesta, perché Dio con loro si è sbagliato e li fa morire di sete nel deserto. Gesù dice che il Padre con lui è stato buono, invita a non ascoltare il demonio, a rifiutare la menzogna per cui ci sono vite sbagliate o inutili.

7) Il diavolo… gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria: è la tentazione della potenza, della ricchezza. Senza mezzi adeguati come potrà Gesù avere successo nella sua missione? Tutte queste cose io ti darò: si tratta dunque di cose nella disponibilità del demonio, ma sono idoli esigenti. Seducono l’uomo perché sono come dèi potenti che trasmettono l’idea della sicurezza, della vita tranquilla.

8) Il Signore, Dio tuo, adorerai a lui solo renderai culto: Dt 6,13 è la conclusione del discorso sulle case, le vigne, gli oliveti… che Israele troverà nella terra promessa, che non sono frutto del suo lavoro o della sua conquista, ma doni di Dio. Da lui, non dagli idoli, può venire ciò che sazia il cuore dell’uomo.

9) Degli angeli… lo servivano: ciò che Gesù non ha chiesto con un miracolo, Dio dona al suo figlio diletto che si è affidato alla sua volontà.

Genesi 2,7-9; 3,1-7

27Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.

8Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. 9Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.

31Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». 2Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, 3ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». 4Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! 5Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male».

6Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. 7Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

1) Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo: l’uomo (ebr.: Adàm) trae dal suolo (Adamàh) il suo nome. Questo nome indica che l’uomo è innanzitutto caratterizzato dalla sua originaria fragilità, dal suo essere fatto di polvere, tratta dalla terra. Tu fai ritornare l’uomo in polvere quando dici: ritornate figli dell’uomo (Sal 90,3).

2) Soffiò nelle sue nari un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente: è stupefacente che Dio si pieghi con amore sulla debolezza di questo essere così piccolo, al punto da donargli, a differenza di ogni altra creatura angelica o terrestre, il suo stesso soffio vitale. In questo modo la fragilità dell’uomo è avvolta e protetta dalla presenza di Dio stesso. Così nell’uomo si manifesta in pienezza che la creazione è un atto salvifico di Dio, vittorioso sul nulla, da cui le creature sono tratte.

3) Poi il Signore piantò un giardino in Eden e vi collocò l’uomo: l’uomo è il custode della creazione: Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden perché lo coltivasse e lo custodisse (Gen 2,15).

4) [Il serpente] disse alla donna: È vero che Dio ha detto (lett.: ha forse Dio detto) non dovete mangiare di alcun albero del giardino? Cioè: è possibile che Dio abbia detto di non mangiare i frutti di uno di questi alberi? E se Dio l’avesse anche detto, perché obbedire ad un simile comandamento? L’insinuazione implicita del serpente è che tutto quanto è stato creato esiste perché se ne usufruisca senza limiti. A questo il serpente aggiunge una falsità, in quanto estende la proibizione del divieto di mangiare i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male a tutti gli alberi, con lo scopo di presentare Dio come un tiranno. La dialettica del serpente nei confronti dei progenitori, secondo il racconto biblico, vuole rappresentare il movimento del male nel cuore dell’uomo.

5) Rispose la donna… Dio ha detto: Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete: la donna dice una cosa non vera perché Dio non aveva proibito di toccare l’albero. In termini moderni potremmo dire che la donna pecca di “fondamentalismo”, aggiungendo indebitamente al precetto di Dio, forse per rafforzarlo, una sua ulteriore proibizione. Ma questo gioca a vantaggio del serpente. Secondo un racconto ebraico il serpente spinge a questo punto la donna contro l’albero, dimostrandole che toccandolo non muore.

6) Non morirete affatto! Anzi Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi: qui si manifesta tutta la tortuosità della malizia demoniaca. Il Satana, invidioso di Dio (Sap 2,24), induce la donna a trasgredire il comandamento insinuando che è Dio ad essere invidioso dell’uomo, in quanto timoroso che l’uomo diventi pari a Lui. Ma la realtà è del tutto opposta da come la presenta il tentatore, perché Dio per primo, con il dono del Suo Spirito, desidera per amore di rendere l’uomo partecipe della sua vita divina (2Pt 1,4). In realtà il maligno è invidioso del rapporto fra Dio e l’uomo e vuole distruggerlo.

7) E sareste come Dio, conoscendo il bene ed il male: qui il termine conoscere indica una conoscenza che scaturisce da una profonda esperienza del suo oggetto. Il serpente vuole comunicare la sua orgogliosa solitudine, inducendo i progenitori a rifiutare il dono che Dio fa a loro di se stesso, per indurli invece a perseguire una propria autodivinizzazione di rapina. È la conoscenza di questa cattiva e violenta solitudine, ciò che Dio proibisce all’uomo con il comandamento, non per togliergli qualcosa, ma perché tale conoscenza porta alla morte ed è estranea al cuore di Dio. Egli è infatti comunione d’amore (1Gv 4,7).

8) Allora la donna vide che l’albero era… desiderabile: sono le parole del serpente a piacere alla donna, per cui il tentatore non ha neanche bisogno di invitarla esplicitamente a mangiare il frutto proibito, tanto esso è diventato appetibile.

9) Conobbero d’esser nudi: la nudità, di cui Adamo ed Eva ora si accorgono (Gen 2,25), è l’essersi privati del comandamento di Dio, da cui erano protetti. È dunque l’aver smarrito la presenza di Dio che li avvolgeva, coprendo la loro originaria nudità di creature fatte di polvere.

Romani 5,12-19

12Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato… 13Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, 14la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.

15Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo si sono riversati in abbondanza su tutti. 16E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. 17Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.

18Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. 19Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.

1) A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato, la morte: a causa dell’invidia del diavolo che ha portato alla disobbedienza Adamo, la morte è entrata nel mondo. Dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire (Gen 2,17). L’uomo creato da Dio per l’incorruttibilità, ha conosciuto la morte: con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai (Gen 3,19).

2) In tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Fino alla legge c’era il peccato: la morte dilagò su tutti gli uomini per il fatto che tutti rispetto alla legge sono peccatori. Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia: maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici… Gesù disse loro: chi di voi è senza peccato , getti per primo la pietra contro di lei (Gv 8,4ss).

3) Adamo è figura di colui che doveva venire: Adamo il primo di tutti gli uomini, è una figura di Cristo, il primogenito di tutta la creazione: Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita (1Cor 15,45). A causa della disobbedienza di Adamo si ebbe in tutti gli uomini una condanna, mentre per l’obbedienza di Gesù tutti gli uomini sono stati costituiti giusti: Gesù prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti, per il perdono dei peccati (Mt26,28).

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

Ci troviamo oggi al punto di suprema divaricazione tra l’antropologia biblica e quella più istintiva e diffusa nelle antropologie mondane. La Parola di Dio oggi celebrata porta al quesito fondamentale:Tutto è conquista? Oppure: tutto è dono? Nella figura biblica delle origini Dio dona all’uomo tutta la creazione. La proibizione di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male non è un limite alla totalità del dono, ma la sua conferma. L’albero segna appunto il confine tra dono e conquista. Il non possesso di quel frutto è l’affermazione che tutto è dell’uomo perchè tutto è ricevuto da Dio . Mangiare di quell’albero sarà, nella stessa affermazione del Tentatore – “Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male” – conquista della divinità, furto a Dio della sua stessa divinità. Ma si tratta di un inganno! Non si deve pensare che lo scopo ultimo del Tentatore sia quello di indurre l’uomo alla “disobbedienza”, a quello che noi chiamiamo il “peccato”. Per questo è necessario portare l’attenzione sul tema della nudità. E se c’è tempo, conviene ascoltare per intero la memoria della creazione in Genesi 2,7-25, dove si dice della creazione della donna e, al v 25 di quel testo, si afferma che “tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna”. Non possiamo qui entrare in tutto il tema complesso e importante della nudità. Chiediamoci solo perché “prima” della disobbedienza del frutto dell’albero proibito “non provavano vergogna”, mentre “dopo” si dice che “si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture”. Notate che questo “aprirsi gli occhi” era argomento del Tentatore come conferma del loro “essere come Dio”. Invece, si accorgono della loro nudità.

Questo è il motivo: nella comunione profonda della loro relazione d’amore erano coperta, abito l’uno dell’altro. La disobbedienza spezza la loro relazione. Il tentativo della conquista allo stesso modo spezza la relazione d’amore tra Dio e la sua creatura prediletta. La creatura amata non è più protetta dalla relazione di comunione con Dio. Si trova scoperta nella sua nudità creaturale. Era stata creata per la comunione. Ora è esposta alla sua solitudine, e questo conferma e accentua il suo istinto di conquista. Lo stesso dominio dell’uomo sulla donna in tutte le culture è segno della stessa aggressività dell’uomo nei confronti di Dio! Le religioni si espongono ad essere o a diventare tecniche e metodi di “conquista” della divinità!

Nella profezia ebraica e nel suo compimento in Gesù di Nazareth, la storia sarà la storia della ricerca da parte di Dio della sua creatura amata e perduta, della sua sposa amata e perduta. Il Figlio di Dio, Gesù, viene mandato perché in Se stesso manifesti la pienezza della comunione divina come dono e come fisionomia figliale della vita umana: vita nuova dei figli di Dio. La stirpe di Adamo – cioè tutta l’umanità – portata a quella pienezza di comunione figliale con Dio profetizzata dalle narrazioni delle origini. Torna quindi in Gesù la categoria del dono, pienamente realizzato nel suo sacrificio d’amore di Gesù. Il primato assoluto della “relazione” – e qui si potrebbe estendere il pensiero fino al mistero stesso del Dio Trinitario – è il grande “sì” nuziale che ogni esistenza è chiamata a dare. Con il dono evangelico Gesù percorre con l’umanità la via nuova dell’amore, in contrapposizione alle vie vecchie della guerra e dell’omicidio. Ad ogni tentazione del “Nemico”, Egli risponde “sta scritto”, perché nella Parola del Signore sta la pienezza della grande via della comunione e la definitiva sconfitta della solitudine di Caino. Ogni esistenza è chiamata ad essere volto e voce dell’amore di Dio.