13 Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. 14 Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. 15 Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; 16 ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città.
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La singolare preziosità della Parola che oggi il Signore ci dona sta nel fatto che, pur essendo immersi attraverso la Persona del Signore Gesù nella pienezza del dono di Dio, noi stessi, figli della Nuova Alleanza, pur essendo partecipi di tale suprema condizione di figli di Dio, non possiamo e non vogliamo essere “possessori” del dono di Dio, ma umili e commossi destinatari di quel dono!
Anche noi, quindi, affermiamo di essere “stranieri e pellegrini sulla terra” (ver.13), e quindi anche noi “alla ricerca” di quella patria che solo dalla grazia di Dio possiamo ricevere con umile commozione, non come possesso, ma come dono! Quanto più, con suprema commozione, osiamo dire che Dio è il nostro Dio!
Quindi anche la “città” che Egli ha preparata per noi, la Gerusalemme del cielo, non è nostro merito e nostro possesso, ma sempre stupefacente dono della misericordia divina!
Non siamo davanti ad una semplice realtà teologica!
Il nostro “essere cristiani” è evento divino di misericordia che solo con commossa e umile meraviglia possiamo cogliere ed accogliere!
Dio ti benedica. Rendiamo insieme grazie a Dio. Francesco e Giovanni.