20 Se pertanto siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché lasciarvi imporre, come se viveste ancora nel mondo, dei precetti quali 21 «Non prendere, non gustare, non toccare»? 22 Tutte cose destinate a scomparire con l’uso: sono infatti prescrizioni e insegnamenti di uomini! 23 Queste cose hanno una parvenza di sapienza, con la loro affettata religiosità e umiltà e austerità riguardo al corpo, ma in realtà non servono che per soddisfare la carne.
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Con coraggiosa determinazione Paolo capovolge il pensiero comune, secondo il quale sono “i credenti” a sottomettersi a regole e pratiche che limitano o addirittura negano la libertà personale. Al contrario: il mondo è pieno di regole, di riti, di devozioni. E questo forse si può dire anche delle “religioni” siano esse riferite e qualche divinità, siano religioni mondane. L’incontro con Gesù Cristo è invece il principio di una libertà assoluta dagli “elementi del mondo”(ver.20). Paolo qui non descrive – nè noi conosciamo – nel dettaglio queste “regole”. Mi sembra non si possa pensare solo alle imposizioni pretese dai giudaizzanti; siamo in ambiente pagano e possiamo pensare che entrino in gioco anche attenzioni e devozioni di altre spiritualità. Possiamo pensare ancora a “Principati e Potestà”, cioè a tutto quello che, essendo “mondano”, assurge a livelli di rilievo e di doverosità religiosa.
Non ho voglia di fare esempi tratti dalla condizione del nostro mondo contemporaneo e della cultura o sottocultura dominante oggi: non voglio rischiare di far arrabbiare qualcuno; però non sarà difficile a nessuno di voi pensare a “prescrizioni e insegnamenti di uomini” accettati e praticati con zelo religioso. E’ interessante che Paolo ricordi che, essendo regole degli uomini, sono “cose destinate a scomparire con l’uso”: solo la Parola di Dio si presenta sempre come nuova e quindi attualissima.
Il ver.23 è piuttosto complicato, almeno per le mie limitate capacità. Accogliendo la versione italiana notiamo appunto la fisionomia “religiosa” delle regole del mondo, quasi una parodìa. In realtà non hanno niente che abbia una reale connessione con il mistero della vita, e quindi con il mistero di Dio e con il mistero della realtà umana, ma sono solo cose che “servono per soddisfare la carne”, e quindi non sono in grado di penetrare nelle verità ultime della creazione e della storia.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Ci si potrebbe chiedere anche davanti ai vv. di oggi, se l’errore che Paolo combatte nella comunità di Colossi deriva da insegnamenti giudaici o da insegnamenti pagani; se il fardello di precetti “umani” che i colossesi si lasciano caricare sono le leggi cultuali e di purità della Torà ebraica, o cosuetudini pagane.
Forse si può azzardare di dire che per Paolo è la stessa cosa; ciò che dice riguarda sia l’una che l’altra origine di questi insegnamenti.
Poichè tutti quelli che vengono battezzati “in Cristo” (2:12-13), entrano in una cosa del tutto nuova, che è stata sì in qualche modo preannunciata dalla Legge, ma che è totalmente nuova.
Queste tradizioni e prescrizioni (anche ascetiche) di derivazione giudaica e / o pagana non servono più, perchè noi siamo fatti partecipi di una cosa nuova, che è la morte e la risurrezione del Signore Gesù.
Non c’è alcuna cosa “antica” che può servire per la nostra salvezza, che già ci è stata data perfettamente in Gesù.
Ricordiamo in parallelo ai vv. di oggi le parole conclusive delle lettera ai Galati: “Quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, nè la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura” (Gal 6:14-15).
“Sono prescrizioni e insegnamenti di uomini!”: quindi, già nella primitiva comunità cristiana si verificava questo inconveniente, cioè la tendenza a imporre o suggerire norme di comportamento, attribuendole a Dio; e invece erano “di uomini”. Quante altre volte sono state attribuite a Lui regole e precetti che non hanno niente a che vedere con il Vangelo di Gesù. – Che belli gli esempi di Paolo: “Non prendere, non gustare, non toccare”: notiamo, sempre in negativo. Il cristiano, allora, è uno che può prendere, gustare, toccare…, vivere in pienezza…
Le esortazioni di Paolo di oggi sono basate sull’affermazione “se dunque siete morti con Cristo agli elementi del mondo”. Cosa vuol dire morire con Cristo? Una spoliazione totale fino alla morte, un venir meno della nostra volontà per compiere la sua, come ha fatto Gesù morendo sulla croce. E’ a lui e solo a lui che dobbiamo sottoporre la nostra vita di fede. Quando la potatura e la morte è verace nel nostro cuore, tutte le altre pratiche religiose, scappatoie, vie di fuga dalla obbedienza mortale, si svuotano.
Se siamo morti con Cristo e camminiamo nella vita nuova, in piena libertà, sottomessi solo al vincolo dell’amore reciproco, non ci dobbiamo lasciare imporre “prescrizioni e insegnamenti di uomini” (v.22). Queste cose non hanno in sè la vera sapienza ma solo “una parvenza di sapienza, con la loro affettata religiosità e umiltà e austerità”. In realtà servono solo per “soddisfare la carne” (v.23). Mi viene in mente la preghiera del fariseo in Lc 18,9-14. Il digiuno due volte la settimana e il pagamento delle decime sono per il fariseo un vanto di fronte a Dio e motivo di disprezzo per il pubblicano. Anche l’osservanza di norme religiose e morali può servire solo a soddisfare la carne, l’orgoglio, il sentirsi a posto, l’essere pieni di sé. Veramente quello che conta è il cuore! un cuore che tutto riceve come dono e tutto restituisce nell’amore.