16 Nessuno dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevanda, o riguardo a feste, a noviluni e a sabati: 17 tutte cose queste che sono ombra delle future; ma la realtà invece è Cristo! 18 Nessuno v’impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale, 19 senza essere stretto invece al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami, realizzando così la crescita secondo il volere di Dio.
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Il rimando che troviamo nelle note a fianco del ver.16 e che ci portano a Romani 14,1-12 è molto delicato perchè in quel testo si parla della prudenza grande che è necessario mantenere per non turbare o scandalizzare il fratello che si attenesse a tradizioni prive di significato, ma che fossero da lui vissute con coscienza onesta e rigorosa; si dice che la carità verso di lui impedirebbe interventi e atteggiamenti che non tenessero conto della sua debole coscienza. Qui, invece, l’affermazione è molto radicale e ingiunge di rifiutare decisamente ogni devozione, o pratica o osservanza che sia estranea alla persona e al mistero del Cristo.
Paolo continua a darci un grande aiuto segnalando con coerente insistenza il “cuore” della nostra fede e quindi della nostra prassi liturgica e ordinaria. Mi sembra molto importante che egli non contrapponga dottrina a dottrina, ma semplicemente chieda un costante e vivo confronto tra osservanze tradizionali e non fondate e appunto la persona del Signore Gesù. Ne scaturisce un’indicazione austera e scarna, dove ogni atteggiamento e ogni gesto scaturiscono dal rapporto amante ed esclusivo con Lui.
Appare molto delicato anche il fatto che queste pratiche che l’Apostolo condanna siano di per sè molto vicine alla fede e alla prassi del giudaismo. Ma soprattutto si avverte che il problema emergente è sempre quello della “parte” che in tutto questo hanno le “potenze” che al ver.15 egli ha chiamato “Principati e Potestà”, cioè realtà profonde dell’esperienza e dell’agire umano, ma da considerare ormai quali sono, e cioè interamente soggette alla signorìa di Gesù. Se non è così, tali realtà sono vie di asservimento a demoni e idoli, e per questo vanno combattute; anzi, costituiscono la grande vera “battaglia” del credente in Gesù Cristo.
Il ver.17 sottolinea il contrasto tra queste pratiche e il Signore, usando l’immagine dell’ombra in confronto al “corpo” che la versione italiana rende con il termine “realtà”. Penso che quando il nostro testo parla di realtà “future”, in realta faccia ancora riferimento al Cristo, e non a cose che oggi ancora non si sono date. Adesso il dono di Dio, che è la nostra comunione con il Figlio, si può pienamente conseguire come “premio”, un premio offerto e concretamente dato. Quello che conta è, come ben sappiamo, tenere ben stretto il nostro legame con “il capo”, cioè con Gesù, che è il principio e la garanzia del sostentamento e dell’unione di tutto il corpo, unica grande via della “crescita secondo il volere di Dio”(ver.19).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Paolo ci dà un grande senso di libertà: non ci sono norme, regolamenti, prescrizioni ascetiche… che possano vincolarci, salvo il primato della carità. E ci indica il principio interpretativo generale: “tutte queste cose sono ombra delle future”; di fronte a questa ombra, c’è “il corpo”, la realtà che è Cristo. – Siamo liberi anche dalla “venerazione degli angeli”: possiamo vedere in questo anche un richiamo alla nostra prassi di interessarci agli oroscopi e simili? – La conclusione del brano rafforza quanto già ieri si diceva: riempiti della pienezza di Cristo, “stretti” a lui, riceviamo da lui sostentamento e coesione…, “realizzando così la crescita secondo il volere di Dio”.
Nei vv. di oggi Paolo mette in guardia contro chi (o ciò che) la gioia dei fratelli per la salvezza. Infatti c’era in Colossi, e forse ancora può esserci, la tentazione di mettere dei criteri esterni di osservanze rituali (di purità: cibi e bevande; opp. distinzione di giorni e tempi), o di riverenze agli angeli, intesi come necessari intermediari tra il mondo alto, divino e quello basso, misero e contaminato, degli uomini.
Questo è un grave ostacolo alla fede dei discepoli, quando lo pone come condizione per avere la salvezza. Si può forse vedere un esempio di questi falsi “maestri”, contarddetti da Paolo e Barnaba, in Atti 15:1s: “Alcuni … insegnavano ai fratelli: Se non vi fate circoncidere secondo l’uso di Mosè, non potete essere salvi!”.
Spesso questo atteggiamento orgoglioso di ergersi a giudici dei fratelli, definendo per loro quali regole seguire per essere degni del premio della salvezza (it. “vi impediscono di conseguire il premio” v. 18), si accompagna a presunta umiltà che si manifesta in osservanze esteriori, che nascondono il desiderio di fare la propria volontà e non quella di Dio (v. 18b “seguendo le proprie pretese visioni”) e “che servono solo per autocompiacimento” (v. 23).
La salvezza di Dio invece è dono di grazia offerto in Gesù a tutti gli uomini: è “sostentamento e coesione del corpo unito al suo capo, Gesù” (v.19).
Al v. 18 questi “predicatori” o “falsi fratelli” da una parte si atteggiano a umiltà (it. “compiacendosi in pratiche di poco conto”) e dall’altra sono “gonfi di vano orgoglio”. Come è possibile? Perchè si comportano non secondo la grazia di Dio, e la parola e il dono ricevuto da Dio.
Un esempio di loro lo possiamo trovare nel brano di Isa 7 dove Dio dice al re Acaz: “Chiedi un segno al Signore tuo Dio!”, e il re dice “Non lo chiederò. Non voglio tentare il Signore!”: Sembra che si umilii, ma non davanti a Dio; anzi la sua risposta non obbediente deriva da orgoglio.
Bisogna al contrario “essere uniti al Capo del corpo” (v. 19), cioè a Gesù Cristo. Questi ci ricorda la parabola della vite e i tralci raccontata da Gesù: il tralcio non puù portare frutto se non resta unito alla vite, che è Lui.
La strana espressione, nell’originale, del v. 19: “Il corpo cresce la crescita di Dio”, cosa ci vuole dire? Facciamo tre ipotesi.
1. Che è Dio che fa crescere il corpo, che è la comunità dei fratelli, la chiesa.
2. Che “la crescita di Dio” dice il “modo” di questa crescita, cioè
la carità: nel corpo cresce la carità.
3. Dio stesso “cresce”, non in se stesso, ma cresce “nel corpo” dei
fedeli: tanto quanto la conoscenza di Dio cresce nel corpo, così si
può dire che – in un certo modo – anche Dio “cresce” nei fedeli.
Tu sei la mia roccia e il mio baluardo,
per il tuo nome dirigi i miei passi.
Scioglimi dal laccio che mi hanno teso,
perché sei tu la mia difesa.
Mi affido alle tue mani;
tu mi riscatti, Signore, Dio fedele.
Tu detesti chi serve idoli falsi,
ma io ho fede nel Signore.
Esulterò di gioia per la tua grazia,
perché hai guardato alla mia miseria,
hai conosciuto le mie angosce;
non mi hai consegnato nelle mani del nemico,
hai guidato al largo i miei passi.
Salmo 30