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(foto Andres Bergamini)

Ho pensato di aspettare l’inizio e una parte almeno dello svolgimento del Festival Francescano di Bologna per inviare al Carlino il mio messaggio. È il secondo anno che i francescani propongono questo incontro nel cuore della nostra bella città, in Piazza Maggiore e dintorni, per incontrare la sempre straordinaria attualità di Francesco d’Assisi. Il tema di quest’anno, fortemente collegato all’Anno Giubilare della Misericordia voluto da Papa Francesco, riflette sul tema del perdono e della misericordia nel nostro tempo e nelle nostre terre. Penso che questo termine “misericordia” ci scoppierà in mano, nella testa e nel cuore, perché quello che il Poverello di Assisi coglieva dal Signore del Vangelo è enormemente più avanti delle nostre tesi più avanzate e coraggiose. Dobbiamo renderci conto che Papa Francesco ha avviato e conduce una riforma straordinaria della Chiesa, che ci condurrà a livelli di pensiero e di azione che oggi solo alcuni e solo molto modestamente possono supporre. Il tema della misericordia evangelica è in realtà uno scandalo per il pensiero e per le “giustizie” mondane, che purtroppo nella fatica dei secoli anche la comunità ecclesiale ha talvolta in parte assunto. Su questo, per dare un piccolo contributo all’importanza di questi giorni, provo a trarre la conclusione di alcuni incontri e dibattiti ai quali sono stato presente. Bisogna sempre perdonare? Non c’è un male che non può essere perdonato? Non rischia questa enfasi della “misericordia” di ridurre tutto ad un melenso e dannoso “buonismo” che sarebbe negazione del Vangelo della salvezza? Davanti ad un mondo esposto ad un futuro di pensiero e di azione sempre più selvaggio non stiamo contribuendo anche noi con queste porte aperte a tutti e a tutto? Il quesito è interessante e importante. E chi scrive non è certamente adeguato a dare una risposta sicura. Mi limito a trasmettere un pensiero che questa mattina ho trovato nella mia testa e nel mio cuore. E provo a dire così: davanti ad ogni male commesso, non esiste in realtà  un giudizio più severo di quello che dice: “Io ti perdono!”. Perché è proprio il perdono ad esigere il riconoscimento di tutta la colpa, e che per la sua definitività non offre spazi neppure alla migliore e più profonda difesa. È l’atto che non chiede e non accoglie altre parole ed altre supposte “ragioni”, ma esercita una potenza impossibile alle giustizie del mondo, che al male già avvenuto rischiano sempre di aggiungere il nuovo male di una vita condannata ed esclusa dalla possibilità di ogni ripensamento. Quando alla donna peccatrice Gesù sentenzia “neppure io ti condanno” apre a lei l’unica strada possibile, che è quella di una vita nuova, radicalmente opposta al male che ha commesso. Capita anche a noi peccatori, quando diamo il perdono ad un nostro figlio, di vedere nei suoi occhi il pianto del dolore e del pentimento.

Buona Domenica a tutti i cari lettori del Carlino.

Giovanni della Dozza.

Nota: Pubblicato su “Il resto del Carlino – Bologna” di domenica 25 Settembre 2016 nella rubrica “Cose di Questo mondo”.