9 – 1 Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote 2 e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. 3 E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo 4 e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». 5 Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! 6 Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». 7 Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. 8 Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. 9 Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda.
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La “lettura” più profonda delle Parole che oggi introducono pienamente nella storia della salvezza quel Saulo che abbiamo visto approvare e sostenere gli uccisori di Stefano in Atti 7,58-8,1 è ancora una volta il mistero della Pasqua di Gesù che ormai è il paradigma profondo di interpretazione di ogni evento della storia. Dunque questa è la memoria della “Pasqua” di Paolo!. E’ la sua risurrezione, la sua liberazione e il suo ingresso nella vita nuova. Si potrebbe dire che è per lui l’ingresso in quella “Via” che secondo il ver.2 egli perseguitava.
Non è secondario sottolineare come questo suo agire non fosse peraltro solo il frutto di suoi personali giudizi e intendimenti, ma facesse parte di una prassi accettata e praticata, come del resto conferma anche 1Maccabei 15,15-24. Dovremo infatti prendere oggi una certa “decisione” circa la portata di questo avvenimento della vita personale di Paolo di Tarso. Dovremo infatti domandarci se si tratta di una vicenda isolata, oppure se ci troviamo davanti ad una delle grandi “conversioni” che la fede di Gesù chiede ad ogni suo discepolo, sempre. Ciolè mi sembra di dover dire che non si tratta solo di non perseguitare i cristiani, ma che con Gesù si inaugura il nuovo volto della storia dell’umanità, dove nessuno perseguita nessuno, ma dove se mai, come si vedrà più avanti, in Atti 9,16 si “soffre” per il nome del Signore. Ma su questo ritorneremo.
Vedremo nel seguito degli Atti come Paolo considera questo suo atteggiamento e le azioni che ne conseguono un suo peccato. E tuttavia come rivendicherà anche la nettezza della sua coscienza, del tutto coerente con la fede e il costume di Israele. Quello che dunque accade nel viaggio verso Damasco non è solo una “conversione morale”, ma un cambiamento radicale di interpretazione della storia, e quindi, di conseguenza, un opposto atteggiamento morale.
E qui la nostra attenzione si sposta e si concentra sulla persona e sulla parola di Gesù stesso. “..perchè mi perseguiti?”: ecco innanzi tutto l’annuncio della totale assimilazione del Signore con la vita e la sorte dei suoi discepoli e dei suoi fratelli. In loro, Paolo sta perseguitando Gesù stesso. Poi, la domanda, la provocazione a riflettere e a valutare la portata e il senso di quello che sta facendo.
E la “controdomanda” di Paolo è già un ingresso misterioso e in qualche modo inconsapevole nella fede di Gesù. Paolo infatti, al ver.5, sembra “riconoscerlo” non conoscendolo:”Chi sei, o Signore?” Non lo conosce…ma già, con quel “Signore”, lo riconosce! Ed ecco, nel concreto susseguirsi degli avvenimenti, la rivelazione e il dono della fede:”Io sono Gesù, che tu perseguiti”(!) Gesù è il Signore: siamo al cuore della fede cristiana! Proprio per questo la Parola di Gesù diventa per Paolo Parola della fede, e quindi Parola cui obbedire. E la prima parola rivolta a Paolo è ora “Risorgi”. E’ il verbo specifico che il nostro testo usa al ver.6 quando gli dice “àlzati”.
Quanto accade è fino ad un certo punto condiviso da molti testimoni citati al ver.7, che tuttavia non possono entrare nell’intimo di un evento che riguarda Paolo direttamente. Ed è importante anche il particolare della cecità di cui ci dice il ver.8. Questa cecità sottolinea fortemente il “passaggio” (cioè, la “Pasqua”) che Dio sta donando a Paolo: dalle tenebre della sua vita precedente alla luce nuova del Signore Gesù.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
C’è una specie di contrappasso nel testo, tra ciò che Paolo voleva fare ai credenti in Cristo, è ciò che gli accade: voleva catturare ed è catturato dalla luce che l’avvolge completamente, voleva condurre (a Gerusalemme) e ha bisogno di essere condotto per mano. Il carattere improvviso ricorda le parabole evangeliche in cui il padrone di casa torna appunto all’improvviso. Cade a terra. (chissà perchè si pensa da cavallo, forse andava a piedi) Probabilmente il senso più profondo va collegato alle teofanie: quando appare la gloria del Signore, l’uomo non può che cadere a terra, in un certo senso come morto. Viene abbattuta ogni sua potenza. Peraltro anche Gesù cade a terra nell’orto degli ulivi; e quindi questo cadere a terra è già un principio di condivisione. La dottrina di Cristo è più letteralmente “la via”. Anche Paolo è per via. Le due vie si intersecano; quella di Paolo, con tutti i suoi propositi violenti si incrocia con questa altra via. Fortunatamente non rimangono due vie parallele. L’ultimo versetto presenta Paolo che non vede, non mangia e non beve; una situazione come di morte che però è attesa di quello che ascolteremo domani. La cecità di Paolo ci ha fatto ricordare quelli che nel vangelo sono e si riconoscono ciechi e quindi sono sanati dal Signore.