1 Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. 2 Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. 3 Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un’elemosina. 4 Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: «Guarda verso di noi». 5 Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. 6 Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!». 7 Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono 8 e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. 9 Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio 10 e riconoscevano che era colui che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio, e furono ricolmi di meraviglia e stupore per quello che gli era accaduto.
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Pietro non ha oro e argento da dare in risposta alla richiesta del mendicante storpio..che avrà in dono ben di più!
Mi è sembrata molto bella al v.6 l’affermazione di Pietro ‘quello che ho te lo do’. Come se desse tutto quello che ha..
Pare che abbia solo la sua comunione con Giovanni, la tensione verso la preghiera, l’attenzione agli uomini e il nome di Gesù Cristo, il Nazareno..
La sua vita povera senza oro e argento mi sembra si riveli però ricchissima. Tanto che il popolo è pieno di meraviglia, di stupore..
Che sia la storia di ogni cristiano? Essere un pò come storpi davanti alla porta, un pò come Pietro..tutti poi dentro il tempio, a lodare Dio?
La vicenda dello storpio sanato che oggi ascoltiamo dalla Parola di Dio è molto importante in se stessa, e anche per le conseguenze che provoca e l’occasione di testimonianza e di annunzio che offre. Oggi siamo confrontati con la semplice memoria dell’avvenimento.
Le circostanze di luogo e di tempo possono suggerire anche una lettura “simbolica” del fatto, e dunque il passaggio dall’economia della Legge a quella dello Spirito. La prima soccorreva l’uomo malato ma non lo guariva, la seconda gli dà la vita nuova.
Alcuni tratti del nostro testo possono suggerire l’opportunità di un confronto con il miracolo del cieco nato di Giovanni 9. Siamo in ogni modo dentro il grande orizzonte della misericordia di Dio per l’umanità. Qui oggi ne possiamo cogliere la pienezza “pasquale”: Sia nelle parole di Pietro, sia nel suo gesto con il quale prende per mano lo storpio, compare il verbo della risurrezione, qui e-spresso con i termini “àlzati” e “lo sollevò” dei vers.6-7. Non più l’economia di sopravvivenza della Prima Alleanza, ma la novità di vita donata da Gesù. Tutto il racconto tende a mettere in evidenza l’assoluta “sproporzione” tra quello che poteva aspettare lo storpio e quello che gli viene donato.
La dichiarazione di Pietro al ver.6 è di estremo rilievo. Egli dice: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do…”. E’ molto chiaro quello che “non ha”, mentre quello “che ha” si pone a noi come interrogativo. Certamente si vuole affermare che l’oro e l’argento non possono dare a quell’uomo la salvezza. Ma sembra anche di capire che oro e argento assumono addirittura una fisionomia negativa in questo nuovo orizzonte dell’opera divina della salvezza. Penso a quell’uomo “troppo ricco” per seguire il Signore: sino a quel momento egli aveva potuto intrecciare la sua ricchezza con la sua fedeltà (Luca 18,18-30), ma con Gesù quelle sue ricchezze diventano ostacolo e addirittura impedimento.
La “vita nuova”, infatti, non è nelle possibilità umane, che devono rigorosamente attestarsi al confine della morte. Il Vangelo del Signore si muove nell’orizzonte della pura grazia di Dio, e trova addirittura ostacolo nelle “potenze” dell’uomo. Ma dunque, che cosa “ha” Pietro da poter dare a quell’uomo? Il dono di Dio. E il dono di Dio è l’Amore di Dio. In Gesù viene liberata e trasmessa la vera, forse unica vera potenza di Dio, quella che spiega e sta all’origine di ogni atto potente di Dio, quello che l’uomo non ha, e che Dio ora, in Gesù, gli dona: l’Amore, appunto.
Da Francesco d’Assisi a Teresa di Calcutta c’è uno sguardo pieno di sospetto nei confronti dell’oro e dell’argento, che potrebbero stravolgere la sostanza e l’energia del dono divino, e tutto riconsegnare a potenze mondane. Tutto questo fa parte della grande perenne tentazione nella quale così facilmente cade l’esperienza del cristiano. Possiamo oggi pregare e riflettere su questa radicalità della vicenda dello storpio, per chiederci se l’ingresso nell’agire cristiano, personale e soprattutto collettivo, dell’oro e dell’argento, non deturpi e stravolga la novità del vangelo, e addirittura se non lo annulli. Oggi incontro nella mia preghiera il testo delle Tentazioni di Matteo 4. Mi chiedo se non sia fortissimo il sostegno che questo episodio dà a quello che ascoltiamo dagli Atti degli Apostoli.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio”. E’ l’ora nona, quella in cui Gesù muorì sulla croce e il velo del tempio si spezzò. Questo rompersi del velo stava ad indicare che il tempio non era più il luogo esclusivo dell’incontro con Dio: con Gesù, la comunione e la comunicazione con il Padre non hanno più vincoli di luogo, o di forme, di riti, di mediatori… Secondo alcuni esegeti, il fatto che i discepoli continuino ad andare al tempio indicherebbe che “non hanno capito bene”, che non è stato facile accogliere totalmente la novità portata da Gesù: via tempio e sacerdoti, riti e sacrifici, leggi e comandamenti… Ma forse anche noi, oggi, non abbiamo ancora “capito bene” di quale libertà Cristo ci abbia liberati. Come diceva un commentatore, tutti i cristiani sanno i dieci comandamenti, ma quanti sanno le Beatitudini che ne hanno preso il posto?