25 Dice infatti Davide a suo riguardo:
Contemplavo sempre il Signore innanzi a me;
egli sta alla mia destra, perché io non vacilli.
26 Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua,
e anche la mia carne riposerà nella speranza,
27 perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi
né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione.
28 Mi hai fatto conoscere le vie della vita,
mi colmerai di gioia con la tua presenza.
29 Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. 30 Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, 31 previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione.
Al grande annuncio che ieri abbiamo ascoltato, Pietro fa seguire la citazione degli ultimi quattro versetti del Sal.15(16). Approfitto per ricordare che di solito cito i Salmi con due numeri (quasi tutti!), dei quali il primo si riferisce alla numerazione del Salterio secondo la versione greca, fluita poi nella versione latina della Vulgata, mentre il numero tra parentesi si riferisce al testo originale ebraico e alla versione latina di Girolamo “iuxta Haebreos”, cioè dall’ebraico. Se la mia digressione vi sembra oscura, lasciatela pur da parte senza preoccupazione. Nel testo degli Atti che oggi riceviamo dalla bontà di Dio è riportata la versione greca.
Il ver.27 del nostro brano riporta il ver.10 del Salmo, ed è quello che sta al centro del ragionamento di Pietro. Ma procediamo con ordine. Ai vers.29-31 Pietro vuole chiarire che il Salmo di Davide non è autobiografico o autoreferenziale, cioè Davide non l’attribuisce a se stesso anche se parla in prima persona: “Contemplavo…egli sta alla mia destra…per questo si rallegrò il mio cuore…non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo santo veda la corruzione…”. Pietro vuole sia chiaro che Davide con quelle parole profetizzava la persona e la sorte non di se stesso, ma del suo “discendente”, quello che egli sapeva Dio avrebbe fatto “sedere sul suo trono”. Cioè il Cristo, il Messia di Dio. Dunque, non di sé, ma di Gesù, Davide parla nel Salmo 15(16).
Al centro della citazione del Salmo sta il ver.10, qui citato, come dicevo, al ver.27, che riguarda la risurrezione di Gesù che Pietro ha annunciato nei versetti precedenti e che ora mostra come adempimento della profezia del Salmo 15(16). Dunque Davide è morto e sepolto. In Gesù, invece, si è compiuta la profezia del Salmo, e quindi Egli “non fu abbandonato agli inferi, né la sua carne subì la corruzione”. Oggi, quindi, la Parola di Dio ci regala anche un esempio molto chiaro di come dobbiamo ascoltare le Parole dell’Antico Testamento: come riferite sempre, più o meno evidentemente, a Gesù e alla sua opera di salvezza dell’umanità. Parole che però, non solo sono illuminate da Gesù, ma anche illuminano Gesù, la sua Persona e la sua opera tra noi, e in modo culminante la sua Pasqua di Morte e Risurrezione.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Che espressioni forti e confortanti nei versetti del salmo 15(16)! Sul v. 27 leggo nelle note questa osservazione: l’originale ebraico dice: “Non permetterai che il tuo fedele (piuttosto che “il tuo santo”) veda la fossa”, cioè la tomba. Il testo greco, invece di fossa, parla di “corruzione”, accentuando così l’annuncio profetico della risurrezione: “Non permetterai che il tuo fedele veda la corruzione”. –
A questo siamo destinati anche noi: nonostante la fine della nostra parte fisica, le nostre persone non faranno l’esperienza della morte ed entreranno in una vita più piena e realizzata.