Io ho deciso di lasciar perdere il mio matrimonio caduto di senso, io ho pensato di potere per questo rinunciare alla mia maternità, io ho pensato di aver trovato l’uomo importante della mia vita. Io mi sono pensata forte e coraggiosa nel farmi male e nel fare male, per affermare e difendere quella che credevo la verità della mia vita. Una verità che mi sembra di aver voluto accettare non con spensieratezza, ma anche nel dolore. Una mia assurda "moralità". Adesso sono solamente disperatamente sola. Non ho più niente nè nessuno. Ero in fondo a quella sala dove lei parlava dai domenicani l’altra sera, seccata di un luogo che non consentiva a tutti di sedersi. Poi mi sono lasciata portare da quello che lei diceva dei poveri, e di lei stesso povero. Leggo la rubrica del Carlino e le scrivo per chiederle: forse conviene anche a me mettermi tra i poveri? Lettera firmata.

Mi sembra che questo sia il passaggio più bello della sua lunga bellissima lettera, della quale la ringrazio vivamente. Non so se lei è persona che va a Messa la domenica. Ma io l’ho subito incrociata, e fatta incontrare, con un’altra donna, che le liturgie domenicali ospiteranno domenica prossima nelle nostre chiese. Se può e ne ha voglia, provi a cercare il capitolo quarto del Vangelo di Giovanni. Mi è entrata nel cuore l’idea e la speranza che starete bene insieme e che la donna samaritana saprà aiutarla: come sanno fare le persone che ci hanno preceduto e che ci possono comunicare la loro esperienza di dolore, così simile alla nostra; e il dono di cui anche noi, anche lei, abbiamo bisogno. Certe volte appare veramente terribile la nostra potenza di autodistruzione, la nostra capacità di strappare da noi quello di cui abbiamo bisogno. Quasi un meccanismo di morte che costruiamo contro noi stessi. Guardi che non le sto parlando da cristiano a cristiana. Le parlo del mistero della vita, di ogni vita. Siamo soli, abbiamo un bisogno disperato di comunione. E reagiamo furiosamente a questa nostra terribile e sublime povertà. Vogliamo non aver bisogno di nessuno . E se ne abbiamo bisogno, vogliamo sia frutto di conquista o merito delle nostre capacità o bottino di latrocinio. Solo piano piano, e quasi sempre a prezzo di molti errori e di molto dolore, scopriamo che l’amore non può essere che dono: nè furto, nè premio! Certo, la donna samaritana è stata molto fortunata! Non aveva mai incontrato la persona della sua vita: un marito dopo l’altro sino all’attuale non marito. Ma quel giorno ha incontrato lo Sposo. Ha incontrato per la prima volta uno che nè l’ha conquistata nè l’ha rapita, ma uno che si è mostrato piccolo e povero davanti a lei. Uno che in certo senso l’ha dolcemente ingannata, ma che in realtà le ha comunicato quello che lei non aveva mai conosciuto: l’amore. Quell’amore che è dono di sè, e che è invito allo stesso abbandono. Che è riconoscere la propria povertà, per entrare, come dice un antico Salmo della Bibbia, nella "gioia di essere salvati". Ci siamo molto affaticati nel tentare di costruire da soli, senza nessun altro, e ovviamente senza nessun "dio", la nostra felicità e il senso della nostra vita. Abbiamo addirittura pensato di percorrere sentieri "kantiani" di doverosità morale. Ora basta! Adesso, chi è affaticato e stanco di tutto questo, venga a Colui che solo può dare riposo e pace. Chi è? Per un povero cristiano peccatore come io sono, è Lui, il Signore. Ma anche per me il Signore è presente in tutte le persone che ogni giorno soccorrono e visitano e sopportano la mia povertà e la mia fragilità. Penso e spero che anche per lei possa essere così. Le sono vicino con molto affetto. d.Giovanni.