Articolo apparso su “Bologna Sette” di domenica 2 febbraio 2014.
Nota: V.
in fondo all’articolo link ad altri contributi sull’argomento.

Intervento di monsignor Giovanni Nicolini e don Francesco Scimè diffuso dall’Ufficio Stampa della diocesi.

È spiacevole trovare sull’edizione bolognese di un giornale la notizia e il commento sui troppo lauti compensi elargiti alla comunità ecclesiale per il servizio di assistenza spirituale negli ospedali della Regione. Notizia data con violenza e con superficialità. Di soldi noi preti di parrocchia ne abbiamo bisogno ogni giorno, e non ne troviamo mai abbastanza. È lunga la fila di chi cerca da mangiare di giorno e come riposare la notte. Molte sono le case alle quali non arrivano più la luce e il gas perché da troppo tempo non si pagano le bollette. Bollette impagabili a famiglie senza lavoro. Mai ci è venuto in mente che per questo potessimo puntare sui compensi del nostro servizio all’ospedale. In questo servizio facciamo molto meno di quello che la gente s’aspetta e pure non è semplice tener dietro a tutto. Rispondiamo volentieri ad una chiamata alle due di notte per una persona che sta per congedarsi da questo mondo. Qualche volta è poi un po’ difficile riprendere il sonno, ma la consolazione di quella visita è ricca e appagante. Difficile però pensare a quello come ad una fonte di guadagno. Il compenso larghissimo sta già in quell’incontro. Ogni prete riceve un sostentamento mensile, e anche noi, tra parrocchia, ospedale e qualche altra cosa – non poche – abbiamo di che campare. L’esistenza di questo accordo è completamente al di là dei nostri pensieri e dei nostri tornaconti. Qualcuno forse pensa che se la Convenzione venisse a termine, non si andrebbe più a dare alle persone il segno dell’affettuosità di Dio? La verità è che non sempre è facile chiedere a persone già oberate da impegni e responsabilità un supplemento di prestazione che richiede non solo una certa forza fisica, ma anche una notevole disponibilità psicologica e spirituale. Andiamo in ospedale per un compenso? E’ bello invece approfittare di un’occasione non piacevole per dire quanto è profondo e ricco l’incontro che abbiamo non solo con gli ammalati, ma anche con quanti lavorano per loro e accanto a loro. L’ospedale è ambiente molto laico, nel quale troviamo, accanto ad un’altissima professionalità a tutti i livelli, un’accoglienza e una collaborazione che ci porta ad un dialogo ricco e fruttuoso con tutti, da chi è impegnato nei servizi più delicati alle persone fino al Comitato Etico, al quale siamo stati chiamati e dove si devono prendere decisioni importanti e impegnative.
Per questo, sarebbe stato più utile e più sapiente affrontare il tema con maggiore avvedutezza e riflessione, ma siamo contenti che anche da dichiarazioni inopportune possa nascere l’opportunità di dare notizie su uno spazio così delicato dell’esperienza umana. La nostra esperienza è collegata ad una Legge Regionale del 1989, che prevede che in ogni ospedale pubblico sia presente un «assistente religioso» ogni duecentocinquanta posti letto, stipendiato dall’Azienda Sanitaria: evidentemente il Legislatore ha ritenuto che tale attività sia utile allo scopo generale del sistema sanitario, che è la salute del paziente, nel senso più alto del termine. In quest’ultimo decennio, a motivo della riduzione generale del numero di posti letto, anche il numero degli «assistenti religiosi» è stato diminuito, con conseguente riduzione della spesa totale dell’Azienda Sanitaria. Inoltre la Legge prevede che gli assistenti religiosi si possano far aiutare da altri, preti, diaconi, laici, senza oneri aggiuntivi per l’Azienda sanitaria. Tradotta in compensi a ciascuno, la cifra enorme denunciata dal giornale si rivela equivalente a quello che sarebbe il compenso per un centinaio di dipendenti a part-time. Eppure, solo al Sant’Orsola siamo in una quarantina, tra preti, diaconi e volontari, in questo servizio e possiamo immaginarci quanti siano in tutta l’Emilia Romagna. Al Policlinico Sant’Orsola-Malpighi nessuno di noi gode di un alloggio in ospedale, né riceve da esso abiti e tantomeno automobili. Siamo tutte persone che vengono ogni giorno da fuori e aggiungono il loro impegno in ospedale alle ordinarie occupazioni in parrocchia, al lavoro, in famiglia. E’ più giusto, a anche più utile, che per problemi tanto delicati si preferisca instaurare un dialogo piuttosto che prendere la strada della notizia sensazionale. A noi piace la conversazione, perché è così che si può cercare insieme come rendere più semplice e vera la strada della vita. E qui siamo in uno spazio della vita particolarmente delicato e prezioso.

Don Giovanni Nicolini, Vicario Curato al S.Orsola
Don Francesco Scimè, Ufficio diocesano Pastorale Sanitaria.

Link segnalati:
– Intervista a don Francesco Scimè sul periodico “Messaggero Cappuccino”.
– Blog “Vino Nuovo” 4-2-2014.
– Link all’intervista rilasciata da Don Francesco Scimè al settimanale “12 porte” (Video) per la “giornata del malato” 2014.