1 Questa, o carissimi, è già la seconda lettera che vi scrivo, e in tutte e due cerco di ridestare con ammonimenti la vostra sana intelligenza, 2 perché teniate a mente le parole già dette dai santi profeti, e il precetto del Signore e salvatore, trasmessovi dagli apostoli. 3 Questo anzitutto dovete sapere, che verranno negli ultimi giorni schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo le proprie passioni 4 e diranno: “Dov’è la promessa della sua venuta? Dal giorno in cui i nostri padri chiusero gli occhi tutto rimane come al principio della creazione”. 5 Ma costoro dimenticano volontariamente che i cieli esistevano già da lungo tempo e che la terra, uscita dall’acqua e in mezzo all’acqua, ricevette la sua forma grazie alla parola di Dio; 6 e che per queste stesse cause il mondo di allora, sommerso dall’acqua, perì. 7 Ora, i cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola, riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della rovina degli empi. 8 Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. 9 Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi.
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Non riesco tanto a capire la scelta del traduttore italiano per quello che riguarda i vers.1-2, dove mi sembra che il senso profondo del ministero di Pietro nei confronti dei suoi fratelli sia quello del “ricordo”, della memoria. Sappiamo quanto questo far memoria sia ben più che un esercizio mnemonico, ma una vera attualizzazione di ciò che la Parola celebrata con fede afferma qui e oggi. La memoria è dunque la celebrazione della potenza attuale della Parola nel tessuto concreto della vita personale e collettiva di chi l’ascolta. Tale memoria ha quindi un suo preciso orizzonte:”le parole già dette dai santi profeti – che io interpreterei come le Scritture dell’Antico Testamento – e il precetto del Signore e salvatore trasmessovi dagli apostoli, e cioè la parola del Vangelo e degli scritti apostolici. La Bibbia insomma, non come Libro però, ma come la Parola del Signore presente e potente nella sua piena attualità e fecondità.
Questa importante premessa introduce il tema degli ultimi tempi caratterizzati da un’obiezione mondana proprio sulla realtà di questo essere il tempo sigillato dalla sua stessa fine. L’aggressione canzonatoria contro questa “fine” è dovuta, secondo il ver.3, al dominio sul cuore umano di quella “concupiscenza” che interpreta il tempo come orizzonte disponibile per l’insaziabile cupidigia del cuore umano: il tempo cioè dovrebbe necessariamente adeguarsi ad una concupiscenza senza limiti, e quindi dovrebbe essere esso stesso illimitato. Tali schernitori osserveranno cinicamente che di tempo ne è passato molto, ma nulla è successo di quanto era previsto come imminente.
Nei vers.5-7 Pietro richiama quanto è rivelato dalla Parola di Dio sia sulla creazione (Genesi 1,6-9), sia sul diluvio (Genesi 7,11-21), quando il traviamento dell’umanità fu sottoposto al giudizio divino con lo sconvolgimento della creazione. La creazione è nelle mani del Creatore e ubbidisce a Lui. Quella stessa creazione, afferma il ver.7, è conservata dalla stessa Parola di Dio, e vive anch’essa nell’attesa dell’ultimo giudizio divino di cui il diluvio è stato prefigurazione e profezia. Ma in questo modo Pietro sposta radicalmente il significato del tempo da un criterio quantitativo – “tutto rimane come al principio”(ver.4) – ad un criterio qualitativo – il tempo come tempo del giudizio divino – e questo è il significato fondamentale del tempo e dell’interpretazione che di esso noi diamo. Noi ci siamo impadroniti del tempo, ma il tempo non è nostro ma è di Dio!
Ed ecco allora, ai vers.8-9, la luminosa spiegazione del significato del tempo e del suo prolungarsi quantitativo. Per il Signore il tempo come quantità è del tutto irrilevante! Quello che a noi sembra un “ritardo” è in realtà la sua larghezza d’animo, la sua magnanimità, la sua pazienza, come dice la nostra versione italiana. Ed Egli così fa per noi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti si portino al pentimento! Ricordo quando la mamma diceva “se non fai quello che ti ho detto… conto sino a tre”, ma poi diceva, uno, due, due e mezzo, due e tre quarti…e ritardava il suo tre per affrettare la nostra obbedienza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi è piaciuto molto il v.1 (quasi identico a 1,13) nel quale Pietro dice che vuole risvegliare la loro sana intelligenza; lett. εἰλικρινῆ “testata dalla luce del sole”, quindi schietta, genuina, sincera, pura… Non è proprio quello che ci capita quando leggiamo la Scrittura, quando ci arde il cuore nell’ascoltarla, quando riusciamo a ricordarne dei pezzetti, quando scopriamo che in essa c’è la spiegazione della nostra vita?
Il sole che illumina, mette alla prova, purifica, risana, guarisce la nostra mente, la nostra intelligenza, la nostra anima è proprio Lui, Gesù.
E’ una grande grazia avere questa “sveglia” quotidiana che rende la nostra vita piena di luce.
La nostra esperta in lingue ci ha detto che la “sana” intelligenza è letteralmente una intelligenza che sa resistere al giudizio della luce del sole; in un certo senso si potrebbe dire che è una intelligenza illuminata. L’Apostolo deve solo risvegliare questa sana intelligenza che ha già accolto la Parola di Dio. Nel testo è molto importante la interpretazione del tempo. In effetti anche in Sap.2 le determinazioni e le azioni degli empi dipendono da una interpretazione del tempo: la nostra vita è breve e triste…Le contrapposte interpretazioni del tempo, sono in relazione con due volontà contrapposte: quella degli schernitori beffardi che “dimenticano volontariamente” e quella di Dio che “vuole che nessuno perisca ma che tutti abbiamo modo di pentirsi” Anche se mai nominato l’amore sottintende le parole che abbiamo ascoltato: “il santo precetto” a cui le persone di ieri hanno voltato le spalle e “il precetto del Signore e Salvatore, trasmessovi dagli Apostoli” si può forse relazionare al comando dell’amore, di cui soprattutto al Vangelo di Giovanni. La longanimità è, secondo 1Cor. 13 una caratteristica dell’amore. In questo comando Pietro vuole che i suoi fratelli rimangano, non ascoltando le voci degli schernitori beffardi. Il v. 8 forse non vuole solo segnalare che per il Dio eterno mille anni o un giorno non sono poi così diversi, ma di più proclamare che Dio è il Signore del tempo, che non è quindi una potenza indipendente, ma è sottoposto alla potenza del Signore. Il tempo lasciato a sè stesso ci è sfavorevole, ma il Signore piega il tempo alla sua longanimità. Rimane il fatto che l’obiezione degli schernitori beffardi è molto insidiosa, per questo ancora ci viene ricordata la centralità della Parola, a contrasto della tentazione di cedere a queste voci a riguardo della nostra vita e della storia degli uomini.
Entriamo in contatto con la Parola di Dio “ricordando” le parole già dette dai santi profeti e “il precetto del Signore e Salvatore”: il precetto, il mandato (al singolare nel v. 2) del Signore, che riassume tutto, è quello della pratica di un amore simile al suo…- La medesima Parola ha creato l’universo, e tale opera creatrice è rievocata qui con immagini piene di fascino: “i cieli c’erano da tempo e … la terra, uscita dall’acqua e in mezzo all’acqua, ricevette la sua forma… I cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola…”. – Infine , la Parola che giudica, ma nel modo che è già stato detto: Dio è “paziente”, di “animo grande”, lento all’ira, volendo che tutti arriviamo a pentirci, a fare quel cambiamento che anche qui è chiamato “metanoia”).