18 Domestici, state sottomessi con profondo rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli buoni e miti, ma anche a quelli prepotenti. 19 Questa è grazia: subire afflizioni, soffrendo ingiustamente a causa della conoscenza di Dio; 20 che gloria sarebbe, infatti, sopportare di essere percossi quando si è colpevoli? Ma se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. 21 A questo infatti siete stati chiamati, perché
anche Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché ne seguiate le orme:
22 egli non commise peccato
e non si trovò inganno sulla sua bocca;
23 insultato, non rispondeva con insulti,
maltrattato, non minacciava vendetta,
ma si affidava a colui
che giudica con giustizia.
24 Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce,
perché, non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
dalle sue piaghe siete stati guariti.
25 Eravate erranti come pecore,
ma ora siete stati ricondotti
al pastore e custode delle vostre anime.
Seleziona Pagina
E’ delicatissimo il tema che oggi ci viene proposto dalla nostra Lettera, e che viene esplicitato al ver.19: “subire afflizioni, soffrendo ingiustamente”; a questo si aggiunge il particolare motivo di tale ingiustizia sofferta: “a causa della conoscenza di Dio”. Qui si pone un interrogativo: questo patimento a causa della conoscenza di Dio vuol dire che questi servi sono trattati male a causa della loro relazione con Dio, oppure che essi accettano di soffrire ingiustamente perché sono legati al Signore? Io propendo per la seconda ipotesi, e cioè che, conoscendo quello che il Signore ha subito per la nostra salvezza, i servi accettano di soffrire come Lui.
Faccio una piccola parentesi per dire che con gli anni mi trovo sempre più a relativizzare il tema della schiavitù come se adesso essa non esistesse, mentre prima era l’obbrobrio di una civiltà. Quando oggi uno resta senza lavoro e alla miseria sua e dei suoi, non è forse costretto ad accettare e anzi a cercare avidamente di poter servire anche a condizioni abominevoli di dignità e di privazione della libertà? Ma adesso non è il caso di spendere tempo per queste cose. Resta la distinzione del ver.18 tra padroni buoni e miti e padroni prepotenti, nei quali si evidenzia maggiormente l’ingiustizia. Qui sta infatti il cuore del tema di oggi: sopportare “con pazienza la sofferenza facendo il bene”. Questa mitezza che porta a sopportare l’ingiusta violenza è al cuore della vita e dell’esperienza cristiana: “A questo infatti siete stati chiamati”(ver.21).
E’ meraviglioso che sia una contingenza così scandalosamente dolorosa ad introdurre la splendida memoria della Passione di Gesù, nella grande reminiscenza del Quarto Canto del Servo di Isaia 53 che è bello oggi visitare. Dunque “anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme”(ver.21). I vers.22-23 sono la memoria preziosa di quella Passione. Il ver.24 pone un interrogativo molto importante: quando il testo dice che Gesù “portò i nostri peccati nel suo corpo” vuole forse dirci che Egli ha fatto del bene a noi che gli facevamo del male, proprio come i padroni che oggi fanno ingiustamente del male ai loro servi? L’ipotesi mi sembra affascinante. Peraltro che la croce del Signore sia la salvezza dei suoi crocifissori è esplicitato in più punti della memoria evangelica, fino alla citazione del profeta Zaccaria 12,10 in Giovanni 19,37: “Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto”. Dunque, se sopportiamo oggi ingiuste sofferenze, celebriamo in questo la pazienza del Signore che ha portato nella sua mitezza il male che gli facciamo. Così, mentre prima vivevamo “per il peccato”, ora possiamo vivere “per la giustizia”, perchè “dalle sue piaghe siete stati guariti”(ver.24).
Il Pastore ha dato la vita per noi. Per questo, dice il ver.25, non siamo più “pecore erranti” perché “siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime”, cioè della vostra vita.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Dopo un iniziale entusiasmo sull’espressione ‘perchè vivessimo per la giustizia’ mi sono molto piaciuti gli ultimi versetti.
Come potremmo vivere per la giustizia e mettere in pratica tutte le esortazioni di Pietro di questi giorni?
Compiere il bene,onorare tutti,amare i fratelli,sopportare con pazienza la sofferenza..
Noi,io sicuramente,siamo erranti come pecore senza pastore.
Bellissima questa doppia identità di pastore e custode,che mi ha molto ricordato i salmi.C’è Lui che ci guida e che conosce il nostro errare.
Sa come ricondurci,come condurci e come salvarci.
Di conseguenza iper-consolante mi pare la nostra identità di gregge custodito,di pecore amate..tutte e ciascuna.