11 Poiché questo è il messaggio che avete udito da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. 12 Non come Caino, che era dal Maligno e uccise suo fratello. E per quale motivo l’uccise? Perché le sue opere erano malvagie, mentre quelle di suo fratello erano giuste.
13 Non meravigliatevi, fratelli, se il mondo vi odia. 14 Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. 15 Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui.
16 In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. 17 Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? 18 Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.
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Mi piace ancora una volta pensare che il ver.11 voglia dirci questo “da principio” sia come “principio” di tutta la rivelazione ebraico cristiana, sia come “principio” del cammino di fede di ciascuno di noi. Si tratta infatti di quel dono dell’Amore che è l’evento stesso della relazione che Dio stabilisce con noi, sia creandoci a sua immagine e somiglianza, sia donandoci il suo Spirito.
Di fronte e contro questo c’è il volto negativo dell’umanità, rappresentato da Caino e dalla sua tragedia, principio dell’icona negativa dell’umanità. Un’umanità “dal Maligno”! Un’umanità prigioniera del potere di dare la morte. Non entro nella questione complessa delle “ragioni” che portano Caino ad uccidere il fratello, e semplicemente prendo atto dell’argomento portato dal ver.12: “..perchè le sue opere erano malvage, mentre quelle di suo fratello erano giuste”. Ma più profondamente, qui viene preannunciata l’esistenza di un’umanità demoniaca prigioniera del Maligno e di un’umanità nuova di cui Abele è grande profezia, e di cui Gesù è pienezza. Per questo mi sembra di grande rilievo quel “non” che apre il ver.12, che descrive l’umanità nuova come caratterizzata dall’amore: “..che ci amiamo gli uni gli altri”. Per me è molto importante – è decisivo! – gridare a me stesso, alla mia coscienza e al cammino quotidiano della mia esistenza che solo l’amore è capace di illuminare la condizione umana di cui in questi giorni sento parlare nel libro dell’Ecclesiaste, e nell’angosciante affermazione che tutto è vanità!
Per questo mi sembra di dover porre al cuore della mia preghiera e del mio pensiero di oggi il ver.14: “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perchè amiamo i fratelli”. E così le parole che ho appena citate restano incastonate tra quelle che le precedono – “non meravigliatevi se il mondo vi odia” – e quelle che le seguono: “Chi non ama rimane nella morte”. C’è dunque un rimando diretto e assoluto tra vita nuova e amore! La nostra condizione attuale ci riporta quindi alla “profezia” dei due fratelli di Genesi 4: in noi si rende presente la persona profetica di Abele nel suo adempimento in Gesù: non ci si deve meravigliare se il mondo odia questa nuova umanità! L’amore è il vero grande segno-evento che rivela che non siamo più prigionieri della morte, perchè “chi non ama rimane nella morte”(ver.14). E di più!: “Chiunque odia il proprio fratello è omicida” e quindi non è in quella vita nuova che il ver.15 così descrive in negativo: “..nessun omicida ha la vita eterna”.
Al principio di tutto sta allora la Persona di Gesù. E’ in Lui che abbiamo “conosciuto l’amore, nel fatto che Egli ha dato la sua vita per noi”(ver.16). L’Amore è il cuore esigente e supremo di tutta l’etica cristiana: “..quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli”. E i vers.17-18 ci portano ad una conclusione felicemente diretta e concreta: la provocazione che porta al nostro cuore la condizione di necessità del nostro fratello. Se chiudiamo il nostro cuore, come rimane in noi l’Amore di Dio? Mi piace la nota della TOB che spiega la necessità di amare “con i fatti e nella verità” dicendo che “i fatti” indicano l’esigenza di azioni concrete, e “la verità” ci ricorda che in tal modo noi celebriamo l’Amore stesso di Gesù, che è la “Verità”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
v. 14 “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli”: “passare”: è il grande dinamismo della obbedienza e dell’amore: chi rimane nella parola del Signore “passa” all’amore, passa dalla morte alla vita. Questo “passaggio” è una pasqua, è il passaggio dall’Egitto alla terra della promessa. Si tratta di “passare” da una situazione di morte (“chi odia suo fratello è omicida”) a una situazione di vita e far “rimanere” l’amore in noi. L’amore è come il talento, nel quale si opera: amare e dare la vita è il modo di farlo fruttare, ed è anche il modo di fare “rimanere” l’amore in noi. v. 16: “Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” Dio per primo ci ha mostrato e fatto conoscere l’amore: Dio ci ha amati per primo. Il messaggio ricevuto fin dal principio ha avuto bisogno che Dio stesso a un certo punto desse la vita per noi facendoci così vedere cosa è l’amore. “Chi non ama rimane nella morte, e chi odia il proprio fratello è omicida”. Adesso ci è richiesto che continuamente uno esca da sé, per dare la vita ad altri, cosicché anche altri vedano l’amore e imparino a dare pure loro la vita, ad amare e quindi a vivere. Omicida, perché uccide, cioè lascia il fratello nella morte in cui è per la sua non conoscenza di cosa sia l’amore. v. 17 “Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore…”, il cuore, sono le “viscere di misericordia” che Dio ci ha mostrato perchè anche noi impariamo: Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito. Come per Dio, anche per noi, questo amore deve trovare il odo di manifestarsi nella vita, nei rapporti con i fratelli. “Le ricchezze di questo mondo”, “i beni della terra” ci pongono certamente a diversi livelli di responsabilità. Ma l’accostamento con la parabola dell’obolo della vedova povera ci dice che davanti al bisogno del fratello (che è come quel “tesoro”) tutti possiamo “porre” l’offerta di tutta la vita, anche quel poco che si ha. Tutti, perciò, devono e possono fare questo. Questo dire: “porre” la propria vita (e non, in modo magari più impegnativo “dare” – che è in modo primario del Signore Gesù, pastore buono – , né “perderla” o “rinnegarla”, che suggerisce un atteggiamento anche penitenziale) vuole forse invitarci a pensare ai nostri gesti quotidiani di amore come una “offerta” posta per Dio e i fratelli, come un umile “abbassarsi” per porre, quasi come ai loro piedi, la nostra vita, per amore. Questo testo ci dà e ci chiede una grande responsabilità: “Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità” (v. 18). Come Dio ha fatto con noi: Dio ha posto la sua vita per noi. Anche la citazione di Caino, che “uccise suo fratello”, accostata al messaggio che “chi odia suo fratello è omicida” e che e all’immagine del fratello nel bisogno che è vicino a noi e possiamo trascurare, viene a darci un esempio molto concreto della necessità di amare il fratello e tutti gli uomini, come fratelli. Possibilità che ogni giorno riceviamo rinnovata di potere, attraverso l’amore, passare dalla morte alla vita. E anche occasione per ringraziare Dio di averci posto in una bella e grande famiglia di fratelli e sorelle, dove –pur con tante imperfezioni – abbiamo tante opportunità di amare.
“Chiunque odia il fratello è omicida”. Una famiglia numerosa, persin timorata di Dio, fratelli di sangue che, con le loro gentili consorti, da sempre hanno chiuso porte e finestre al loro fratello di sangue, per invidia e ignoranza.
Da oltre 43 anni!
Mai un sol gesto di vicinanza, una telefonata, un augurio a Natale e Pasqua, una cartolina di saluti… Giudici implacabili ed inflessibili che hanno creato la morte al loro stesso fratello di sangue. Eppure, i più, frequentano la chiesa, fanno la santa comunione…
Che immensa sofferenza e che immane tristezza!
Carlo, quel loro fratello di sangue.